L’inflazione europea, spinta dal prezzo del gas, continua a crescere e dovrebbe indurre la BCE ad aumentare i tassi di 75 punti al meeting dell’8 settembre, con un obiettivo stimato per fine anno in area 1,25-1,5% se non vicino all’1,6%
È quello che emerge dalle analisi del team strategie di credito globale di Algebris e di Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer di UBS WM Italy.
Oggi il mercato prezza un aumento dell’inflazione fino al 9,7% a dicembre, per cui il team di Algebris ritiene ovvia la previsione di un rialzo di 75 punti a settembre e crede che la BCE effettuerà il rialzo indipendentemente dalla fonte d’inflazione per salvaguardare le aspettative, mentre il tasso di policy è visto vicino all’1,6% per fine anno, con picchi più vicini al 2,2% nell’estate del 2023.
Ramenghi parte dalla previsione di una probabile recessione tecnica in Europa nei prossimi trimestri, notando che alcuni Paesi risultano meno dipendenti dal gas russo, come Francia e Spagna, mentre la Germania sarà particolarmente colpita e, per attutire l’impatto, ha varato misure fiscali pari all’1,8% del PIL. Per l’Italia, oltre alla variabile gas molto dipenderà, secondo l’esperto di UBS WM Italy, dalla reazione dei mercati al risultato delle elezioni: in una fase così complicata, uno spread elevato avrebbe un impatto particolarmente negativo sull’andamento economico.
Secondo l’analisi di UBS, la sfida per le banche centrali è riuscire a calibrare i rialzi dei tassi senza spingere l’economia in una vera e propria recessione. Per questo motivo, Ramenghi si aspetta che la BCE alzi i tassi di mezzo punto ma, in considerazione dell’ulteriore incremento dell’inflazione, non esclude un rialzo di 75 punti base, con la previsione a ottobre di un altro aumento di mezzo punto, per finire l’anno all’1,25% o addirittura all’1,5%.
Ma non è chiaro come reagiranno le banche centrali in caso di peggioramento economico. Per questo, nei prossimi mesi, Ramenghi si aspetta che i mercati restino volatili e mantiene un posizionamento neutrale sull’azionario, privilegiando le aree più difensive come i titoli ‘value’, cioè di aziende in settori stabili, con un rapporto prezzi/utili non elevato, e quelli che distribuiscono buoni dividendi, oltre a settori come la farmaceutica e i beni di prima necessità.
Per quanto riguarda invece le obbligazioni, l’esperto di UBS non esclude nuove impennate dei rendimenti, ma ricorda che in passato investire a rendimenti simili ha consentito di ottenere buoni ritorni a medio termine. Ramenghi conclude la sua analisi affermando che i titoli di Stato di elevata qualità rappresentano anche un buon parcheggio per la liquidità e un cuscinetto in caso di recessione.
Alle posizioni difensive si può aggiungere anche il franco svizzero che potrebbe beneficiare di un atteggiamento determinato della Banca Centrale contro l’inflazione.
Fonte:www.financialounge.com